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Una via per dire: “Grazie Martini”

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Domenica alle 12.30 via dell’arcivescovado di Milano diventerà via Carlo Maria Martini. È una scelta deliberata dalla giunta comunale a cui la Diocesi ha dato la propria convinta adesione. Personalmente considero questo evento molto significativo per tutta la comunità ambrosiana, un modo per ringraziare un uomo e un pastore che ha tanto amato e tanto ha fatto per questa città. Sono, ovviamente, uomo di parte: al cardinal Martini devo molto, a cominciare dalla Casa della carità, che lui ha pensato e voluto come luogo di accoglienza, ma anche di cultura. Per noi della Casa il riconoscimento che Milano fa a Martini, intitolandogli quella via vicina al Duomo e a due passi dalla sede del Comune, non è solo un momento importante: è una gioia che ci riempie il cuore.

Domenica 21 a mezzogiorno e mezzo saremo lì, presenti ed emozionati. E mi piacerebbe, anzi, ci piacerebbe che alla breve cerimonia fossero presenti quanti, negli anni, in momenti e in occasioni diverse, hanno conosciuto Martini e ne hanno condiviso ansie, preoccupazioni, idee, progetti e auspici. Ci piacerebbe che fossero presenti quelle realtà che direttamente e indirettamente sono coinvolte nel cammino e nel dialogo che la Casa della carità, seguendo l’insegnamento del cardinale, promuove nella città, tra credenti di fedi diverse e tra credenti e non credenti, nel segno dell’ospitalità, della cultura dell’accoglienza, nel segno del dialogo tra idee differenti, che il Cardinale ci ha insegnato ad ascoltare, a rispettare, a coinvolgere. A Martini farebbe piacere vederi riuniti.

Farebbe piacere non tanto per sé, ma perché questa cerimonia di forte valore simbolico avviene in un momento storico carico di preoccupazioni e tensioni nel quale avverto la lungimiranza e l’attualità dell'insegnamento di Martini, capace di andare alle radici profonde del dialogo e della coesione sociale perché capace di testimoniare fedeltà alla Parola ma anche alla Storia in cui siamo immersi. Il Cardinal Martini è sempre stato un punto di riferimento per Milano e le sue istituzioni. E lo è stato in un periodo segnato da momenti duri e drammatici, nei quali Martini è riuscito ad essere il pastore della Chiesa ambrosiana e, insieme, un promotore di riconciliazione, un uomo capace di riaprire accanto alla dinamica contemplativa della vita una fede condivisa nell'ascolto della parola e una cultura della prossimità, di quel farsi prossimo capace di disegnare un bisogno di città solidale, mai indifferente, profondamente radicata nella sua storia.

A Milano, la città di Ambrogio, Martini ha dedicato interventi di grande spessore, come il  discorso al Consiglio comunale del 2002 “Paure e speranze di una città”. Ricordo la sua insistenza nel sottolineare il bisogno di amicizia, intesa come categoria politica e culturale, e i suoi continui inviti alla partecipazione o la sua intuizione a vivere la contemporaneità misurandosi con le sfide che la realtà ci pone, sempre con la semplicità di chi crede nel dialogo rifiutando ogni esclusione. Ricordo la sua visione di città: ampia, mai localistica, ma aperta al mondo; una visione che spaziava dall’auspicio di una Milano capace di essere metropoli globale alla sua personale esigenza di chiudere la propria esperienza terrena a Gerusalemme, luogo simbolo dell’incontro tra religioni, dove costruire la domanda di pace e di riconciliazione.

Davanti a me, mentre scrivo queste righe, è appeso il suo stemma episcopale, che mi ha sempre indicato la via giusta da percorrere. Quante volte l’ho letto e riletto: “Pro veritate adversa diligere” e cioè “Al servizio della verità, esser contenti delle contraddizioni”. Per me è un monito, un aiuto, un riferimento. Credo lo sia stato anche per molti altri.

Grazie, cardinale Martini.


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